Migranti. «Morti di lavoro sfruttato. La legge non si tocca»

Avvenire

Intervista a David Mancini, magistrato della Dda dell’Aquila: «Lo sfruttamento è ovunque. I casi in agricoltura sono solo i più visibili»

«Sono morti sul lavoro sfruttato. In condizioni di sicurezza ancor più fatiscenti, stipati in un furgoncino». Questo è l’incidente di ieri nel Foggiano per il sostituto procuratore della Dda dell’Aquila, David Mancini, magistrato esperto di caporalato che ha scoperto anche nei cantieri della ricostruzione post terremoto. Ora riflette amaramente. «L’emersione di queste situazioni di grave sfruttamento lavorativo accadono purtroppo proprio in concomitanza con incidenti drammatici. Spesso i sopravvissuti decidono di parlare, cercando fiducia nelle istituzioni ». Proprio su questo la legge sul caporalato, che il magistrato ritiene «ottima perché finalmente fa chiarezza», può essere migliorata. E, sottolinea, «le imprese, che sono un tassello fondamentale nell’affermazione della legalità, possono dare un contributo importantissimo».

Come?
Intanto nel segnalare situazioni di anomalia non chiudendosi a riccio perché il negativo c’è ovunque. Penso poi a forme di agevolazioni a favore del lavoratore sfruttato che emerge. Una sorta di percorso privilegiato per chi denuncia, porta un contributo significativo all’accertamento, sempre che sia credibile e riscontrabile.

Una possibilità oggi poco praticabile per il lavoratore, diversamente dal famoso ‘articolo 18’ per le vittime di tratta.
La legge sul caporalato ora consente formalmente l’applicazione dell’articolo 18, però il tipo di assistenza va benissimo per altri tipi di vittime ma non per lavoratore che non vuole entrare in un programma di reintegrazione sociale ma lavorare e prendere una retribuzione perché ci deve vivere lui e la famiglia che ha lasciato in patria.

Cosa si potrebbe fare?
Si potrebbe immaginare un percorso di inserimento o nella stessa azienda che lo sfruttava, laddove possibile, oppure in altre aziende virtuose.

Torniamo alla legge sul caporalato, perché per lei funziona?
La precedente norma colpiva solo il caporale, invece la nuova legge offre un quadro chiaro dei fatti: i responsabili sono tanto i caporali quanto i datori di lavoro che non si capisce perché se sono consapevoli del fatto che un lavoratore viene sfruttato non debbano poi pagarne le conseguenze in termini di responsabilità penale.

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