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Migranti sfruttati nei campi, condannati imprenditori e caporali per schiavitù
LECCE – Partivano nel Salento, passando per Rosarno e la Sicilia, le nuove rotte degli schiavi e dello
sfruttamento della manodopera africana. Con il trascorrere dei secoli sono cambiate dunque le vie e le
destinazioni di un sistema che ha trasformato i deportati in reclutati. E’ questa la triste realtà emersa
dall’operazione “Sabr”. Una realtà che, secondo il pubblico ministero, le istituzioni hanno ignorato ma che i
giudici della Corte d’assise di Lecce (presieduta da Roberto Tanisi) hanno riconosciuto, condannando i
vertici di una struttura piramidale di una presunta organizzazione criminale transnazionale, dedita al
favoreggiamento dell’ingresso di clandestini nel territorio italiano, per la maggior parte tunisini e ghanesi,
destinati a essere sfruttati nella raccolta di angurie e di pomodori. Riconosciuto il reato di riduzione in
schiavitù, alla base dell’inchiesta.
Si tratta del processo scaturito dall’operazione Sabr, condotta dai carabinieri del Ros, guidati allora dal
colonnello Paolo Vincenzoni, e del comando provinciale di Lecce. Nel processo oltre la Regione Puglia
(assistita dall’avvocato Anna Grazia Maraschio) si sono costituti otto braccianti (tra loro c’è anche Yvan
Sagnet, leader dello sciopero dei braccianti stranieri ribellatisi nell’estate del 2011 allo sfruttamento), la Cgil,
la Flai Cgil (assistite dall’avvocato Viola Messa), la Camera del lavoro, l’associazione “Finis terrae”. Leggi…

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